“ALTAI” di Wu Ming

 Ecco il mio commento sul nuovo, attesissimo (da me di sicuro!) libro dei Wuming…

Dice: "Non male ‘Altai‘, però non è ‘Q‘!".
E
certo che non è lo stesso libro: sono passati molti anni e i Wu Ming
sono, inevitabilmente, cambiati (non soltanto come composizione del
collettivo) ed evoluti.
A chi lamenta la distanza dal libro
d’esordio viene da rispondere (con una metafora musicale) che
preferisco di gran lunga chi fa canzoni sempre diverse, ma con un suono
che le contraddistingua e le renda immediatamente riconoscibili (ad
esempio la chitarra di Paolo degli Yo Yo Mundi), piuttosto che chi fa
canzoni con lo stampino, quasi indistinguibili l’una dall’altra (ogni
riferimento all’ultima produzione di quel rocker di Correggio non è
propriamente casuale).
Uscendo dalla metafora, in ‘Altai’ il suono della chitarra
dei Wu Ming è la capacità di proporci e maneggiare con destrezza così
tante lingue, dialetti, idiomi (come il "giudesmo"); è l’attenzione per
certi particolari, come la datazione che cambia da cristiana, a
musulmana, ad ebraica, a seconda di dove si svolga l’azione; è
l’utilizzo di parole "antiche" (come giustacuore, schidionata, umore
saturnino, querimonie… tanto per citarne alcune) che ci calino
nell’atmosfera del romanzo; è la capacità di mutare radicalmente
registro (vedi la scrittura "immaginifica" dell’interludio che ha -alle
mie orecchie- echi Genniani); è il saper raccontare i tempi
odierni attraverso le immagini passate (oltre alla evidente questione
della tolleranza fra i diversi credo religiosi, mi ha colpito l’accenno
ai soldati drogati per aumentarne l’audacia in battaglia); è la
capacità di gestire così sapientemente i cambi di ritmo, come nel
capitolo dell’intuizione di Manuel/Emanuele, che ho trovato
eccezionale: il lettore sta con il fiato sospeso come il protagonista e
assiste al mosaico che lentamente si ricompone nella sua mente, mentre
si delinea il profilo della disfatta.
Infine voglio citare un passaggio, che ho trovato assolutamente, "memorabile":
«Se
voi desiderate prendere una lepre, che le diate la caccia con i cani o
col falco, a piedi o a cavallo, resterà sempre una lepre. La libertà,
invece, non rimane mai la stessa, cambia a seconda della caccia. E se
addestrate dei cani a catturarla per voi, è facile che vi riportino una
libertà da cani.
».
Un po’ come dire che si può partire "incendiari e fieri" (leggasi ‘Q‘) senza finire "tutti pompieri" (leggasi ‘Altai‘)!

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